Questo film nasce da due leve che da sempre ci hanno guidato lungo le strade della nostra ricerca storica e antropologica: prima, la convinzione che sia fondamentale raccogliere la memoria dell’accaduto ma soprattutto versandola nella storia che l’aveva causata; seconda, la ricerca della documentazione fotografica che consente di afferrare gli avvenimenti del passato, studiandola accanitamente fino ai dettagli infinitesimi muniti di lenti di ingrandimento. Rinvenire nell’immenso archivio, in parte inesplorato, di Simone Piperno padre di Marina, di bobine Pathé Baby, alcune decine, girate dal 1931 al 1946, su pellicola invertibile a 9,5mm con perforazione centrale é stato uno shock emotivo esaltante. E una fortissima spinta a conoscerne i segreti.

Che cosa contenevano? In che stato di conservazione? Cercammo qualche traccia identitaria e datazione. L’usura esterna le aveva cancellate ma da qualche resto di scrittura sembrò che alcuni luoghi frequentati dalla famiglia di Marina, prima e durante la seconda guerra mondiale, fossero l’oggetto delle riprese. Da chi, il padre di Marina, ci era chiaro, ma su chi e in quali occasioni? A Roma nessuno era provvisto degli strumenti di conversione del 9,5mm e contemporanea digitalizzazione. C’era a Venezia una struttura attrezzata, RI-PRESE, titolare del progetto ININFIAMMABILE. Dai contatti telefonici con il diretto responsabile Giuseppe Ferrari, che ci consigliò di scoprire se un odore di corruzione chimica emanasse dalle bobine, segno evidente di un danno radicale, passammo alla fase decisiva: la conversione che avrebbe sancito la vita totale o residua di quelle immagini. E’ dalle straordinarie sorprese emerse che abbiamo dato corpo ad un viaggio nella memoria di una donna, Maina Piperno, che rivive la sua infanzia felice, per merito di una famiglia protettiva, nonostante la promulgazione delle leggi razziali del 1938 e la guerra dichiarata il 10 giugno 1940 da Mussolini. Ma presto esclusa dalla scuola e preda dei terrori causati dai bombardamenti.

Sfuggita, con la sua famiglia, alla razzia del ghetto ebraico operata il 16 ottobre 1943 dai tedeschi che occupavano Roma, salvata da una famiglia cattolica e per nove lunghi mesi nascosta nei sotterranei del convento delle suore Betlemite, nel quartiere Coppedé, Marina Piperno, il cui nome, nel documento falso, era diventato Marina Pistolesi proveniente dal casertano, riabbraccia il proprio nome e la libertà il 4 giugno 1944 quando gli americani entrano a Roma mentre i tedeschi l’abbandonano seminando terrore e morte nell’attraversamento della Toscana. Quella esperienza segnò per sempre la vita di Marina, spingendola ad inquisire la realtà ininterrottamente, da cronista di strada per il vivace quotidiano Paese, diretto da Tommaso Smith. E non fu un caso che, dopo un lungo viaggio a New York e lezioni di cinema alla Columbia University nel 1955, tornando in Italia, decise che avrebbe tentato una strada assolutamente ardua e da pioniera: il cinema. Quando nessuno in Italia, nemmeno in ambito ebraico, parlava della shoah, per rimozione o vergogna, decise di produrre un film documentario ispirato al libro di Giacomo De Benedetti “16 ottobre 1943”. Era l’anno 1961. Da allora Marina non ha smesso un attimo di cercare, scoprire, interloquire, documentare, stanando l’antisemitismo in tutte le forme esplicite o subdole con le quali si manifesta, non dimenticando mai di ricondurle alle radici storiche dell’antigiudaismo medievale. Vita arrischiata ma molto divertente, come Marina dice della sua avventura umana. Riconosciuta da critici e gente di cultura, come disse un grande come Mino Argentieri: “Non ringrazieremo mai abbastanza Marina Piperno per tutto quello che ha fatto per il cinema italiano!”

“Le valigie della Storia” la vede ripercorrere alcune delle tappe salienti della propria carriera produttiva ed infine, dal 2000 ad oggi, quella di testimone, narratrice e attrice, avendo abbracciato i mezzi digitali come lo strumento di più efficace intervento nella realtà che la circonda. Qualcuno ha voluto definirla “la regina del low budget”. Marina Piperno ha cercato e trovato i soldi per i progetti che le piacevano. Ha guadagnato e reinvestito. I film che ha firmato sono i suoi figli. Tra i primo, “16 ottobre 1943”, nomination all’Oscar, e l’attuale “Le valigie della Storia” sono passati 62 anni. Nel libro “Eppure qualcosa ho visto sotto il sole” Marina Piperno li racconta tutti. Quasi. Perché altri progetti vogliono vedere la luce e il mondo, nonostante tutto, va guardato, sorvegliato, raccontato…

Le valigie della Storia e’ un film autobiografico prodotto e distribuito da Fondo Piperno Faccini. Interpretato da: Marina Piperno
Regia: Luigi Monardo Faccini
Musiche: Oliviero Lacagnina
Montaggio: Alessandro Mazzucca.
Durata 72′

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